Ludwig Feuerbach

 

VITA E OPERE 

Ludwig Feuerbach nacque il 28 luglio 1804 a Landshut, in Baviera, e morì a Rechenberg il 13 settembre 1872. Scolaro di Hegel a Berlino, libero docente a Erlangen, si vide troncare la carriera universitaria a causa dell'ostilità incontrata dalle sue idee sulla religione esposte in uno dei suoi primi scritti. Si ritirò allora nella solitudine e nello studio e visse quasi sempre a Bruckberg. Nell'inverno 1848-1849 tenne in quella città le Lezioni sull'essenza della religione. L'evento era stato reso possibile dagli avvenimenti del 1848, ma fu soltanto una parentesi nella vita di Feuerbach, il quale passò i suoi ultimi anni in miseria, a Rechenberg. 

Dapprima hegeliano fervente, Feuerbach si emancipò in seguito dall'hegelismo: tale distacco è segnato dallo scritto Critica della filosofia hegeliana. Ma intanto aveva pubblicato, nel 1841, la sua opera fondamentale, L'essenza del cristianesimo, alla quale nel 1845 seguì, altrettanto importante, L'essenza della religione. 

Il rovesciamento dei rapporti di predicazione 

La filosofia di Feuerbach ha come presupposto teorico e metodologico una critica radicale dell'approccio idealistico-religioso al mondo. Tale approccio consiste sostanzialmente in uno stravolgimento dei rapporti reali esistenti tra soggetto e predicato, tra concreto e astratto. L'equivoco di fondo dell'idealismo è quello di fare del concreto un predicato o un attributo dell'astratto, anziché dell'astratto un predicato o un attributo del concreto. L'idealismo offre una visione rovesciata delle cose, in cui ciò che viene realmente prima figura come ciò che viene dopo, e ciò che viene realmente dopo figura come ciò che viene prima. 

LA CRITICA ALLA RELIGIONE 

Dio come proiezione dell'uomo

Applicando la propria metodologia materialistica alla religione, Feuerbach afferma che non è Dio (l'astratto) ad aver creato l'uomo (il concreto), ma l'uomo ad aver creato Dio. Infatti Dio, secondo Feuerbach, non è altro che la proiezione illusoria di alcune qualità umane, in particolare di quelle "perfezioni" caratteristiche della nostra specie che sono la ragione, la volontà e il cuore. In altri termini, il divino non è che l'umano in generale, proiettato in un mitico aldilà e adorato come tale. 

Pertanto il mistero della teologia non è che l'antropologia. E la religione, in quanto antropologia capovolta, costituisce «la prima, ma indiretta autocoscienza dell'uomo». Appurato che Dio è l'essenza dell'uomo personificata e che l'antropologia è la chiave interpretativa della teologia rimane da vedere, in concreto, come nasca nell'uomo l'idea di Dio. 

A questo proposito Feuerbach si è variamente espresso

  • Talvolta egli tende a porre l'origine dell'idea di Dio nel fatto che l'uomo, a differenza dell'animale, ha coscienza di sé non solo come individuo, ma anche come specie. Mentre come individuo si sente debole e limitato, come specie si sente invece infinito e onnipotente. Da ciò la figura di Dio, la quale non è che una personificazione immaginaria delle qualità della specie
  • Altre volte Feuerbach tende a scorgere l'origine dell'idea di Dio nell'opposizione umana tra volere e potere, che porta l'individuo a costruirsi l'immagine di una divinità in cui tutti i suoi desideri siano realizzati.  
  • Altre volte ancora, Feuerbach vede la genesi primordiale dell'idea di Dio nel sentimento di dipendenza che l'uomo prova di fronte alla natura. Tale sentimento ha spinto l'uomo a adorare quelle cose senza le quali egli non potrebbe esistere: la luce, l'aria, l'acqua e la terra. 

Alienazione e ateismo 

Qualunque sia l'origine della religione, è comunque certo, secondo Feuerbach, che essa costituisce una forma di alienazione, dove con tale termine il filosofo intende quello stato patologico per cui l'uomo, "scindendosi", proietta fuori di sé una potenza superiore (Dio) alla quale si sottomette, anche nei modi più umilianti e crudeli. 

Ma se la religione è il frutto di un'"oggettivazione" alienata e alienante, in virtù della quale l'uomo tanto più pone in Dio quanto più toglie a se stesso, l'ateismo si configura come un atto di onestà filosofica e come un vero e proprio dovere morale. È ormai venuto il tempo, secondo Feuerbach, che l'uomo recuperi in sé i predicati positivi che ha proiettato fuori di sé, in quello specchio illusorio e astratto della propria essenza che è Dio. 

Ciò che nella religione è soggetto deve ridiventare predicato. Quindi non si può più affermare che Dio (soggetto) è sapienza, volontà e amore (predicato), ma, al contrario, che la sapienza, la volontà e l'amore umano (soggetto) sono divini (predicato). Di conseguenza, il compito della vera filosofia non è più quello di porre il finito nell'infinito, ossia di risolvere l'uomo in Dio, ma quello di porre l'infinito nel finito, ossia di risolvere Dio nell'uomo. Ciò fa sì che l'ateismo di Feuerbach non abbia un carattere puramente negativo, ma si presenti anche, in positivo, come la proposta di una nuova divinità: l'uomo. 

La critica a Hegel 

Se la religione è un'antropologia capovolta, l'hegelismo è una teologia mascherata o, meglio, razionalizzata, che costituisce la traduzione in chiave "speculativa" di tutto il filone teologico dell'Occidente. 

Argomenta Feuerbach, l'Idea o lo Spirito di Hegel, come il Dio della Bibbia, non è che un fantasma di noi stessi, ovvero il frutto di un'astrazione alienante. 

E poiché Hegel, secondo Feuerbach, rappresenta «il compimento» della filosofia moderna, la critica a Hegel equivale, alla fondazione di una nuova filosofia incentrata sull'uomo e capace di cogliere nel "testo" ciò che Hegel ha relegato nelle "note", ovvero la vita nella sua immediatezza. 

L'UMANISMO NATURALISTICO 

Umanismo e filantropismo 

La filosofia dell'avvenire delineata da Feuerbach nell'ultima fase del suo pensiero, ha la forma di un umanismo naturalistico: "umanismo" perché fa dell'uomo l'oggetto e lo scopo del discorso filosofico; "naturalistico" perché fa della natura la realtà primaria da cui tutto dipende, compreso l'uomo.

Il nucleo di questo umanismo naturalistico è costituito dal rifiuto di considerare l'individuo come astratta spiritualità, o razionalità, per concepirlo come essere che vive, che soffre, che gioisce e che avverte una serie di bisogni dai quali si sente dipendente. Un essere, «di carne e di sangue», condizionato dal corpo e dalla sensibilità. Per Feuerbach la sensibilità non si riduce affatto a un atteggiamento puramente conoscitivo, ma presenta una valenza pratica, come dimostra il suo legame con l'amore, ossia con quella passione fondamentale che fa tutt'uno con la vita. 

L'amore è la passione che ha il potere di aprirci verso il mondo. Ammettere che l'uomo è bisogno, sensibilità e amore equivale ad ammettere la necessità degli altri, cioè il fatto che l'«io» non può stare senza il «tu». Da ciò il "comunismo" filosofico di Feuerbach, ossia la dottrina dell'essenza sociale dell'uomo.

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