Arthur Schopenhauer

 


Schopenhauer è un filosofo tedesco, contemporaneo di Hegel e definito un filosofo inattuale. Il suo pensiero ribalta quello hegeliano → dirà che la realtà è irrazionale (essenza della realtà: fenomenica).

LA FORMAZIONE 
Schopenhauer nasce nel 1788 a Danzica, da una ricca famiglia di commercianti, e la sua vita si svolge nelle più importanti città tedesche: Amburgo, Weimar, Berlino, Dresda e Francoforte. Ricevuta un'eredità alla morte del padre, si dedica alla filosofia, interessandosi particolarmente a Platone e Kant, che influenzano il suo pensiero. Deluso dall'insegnamento degli idealisti (da quello di Fichte), collabora con Goethe nell'elaborazione di una teoria dei colori; in seguito, grazie agli insegnamenti dell'orientalista Mayer, viene a conoscenza delle Upanishad, testo fondamentale dell'antica tradizione filosofico-religiosa indiana che influenzerà il suo pensiero. 
Il filosofo muore nel 1860 a Francoforte. 

LE OPERE 
Dopo essersi laureato nel 1813 con una tesi sulla Quadruplice radice del principio di ragion sufficiente, nel 1818 dà alle stampe il suo capolavoro, ''Il mondo come volontà e rappresentazione" che rielabora e commenta per tutta la vita, ma viene fortemente criticato dal mondo accademico. Schopenhauer riscriverà e commenterà quest'opera per tutta la vita, fino a quando, a partire dall'inizio degli anni Quaranta dell'Ottocento, il mutamento del clima culturale e la pubblicazione di Parérga e paralipómena gli garantiranno un notevole successo.

IL DEBITO NEI CONFRONTI DI KANT 
Schopenhauer riprende da Kant la distinzione tra fenomeno e noumeno

  • FENOMENO: la realtà conosciuta, rappresentata con forme a priori di SPAZIO, TEMPO e INTELLETTO (riduce la forma a principio di causa). Chiarisce che è "rappresentazione", ovvero una costruzione ottenuta dal soggetto a partire dalla percezione di un oggetto che viene colto mediante alcune forme a priori. Le nostre rappresentazioni vengono collocate nello spazio e nel tempo e consentono l'individuazione univoca di ogni oggetto e sono il suo principio d'individuazione. 
  • NOUMENO: realtà in sé. Per Kant non é conoscibile, mentre per Schopenhauer è conoscibile con il corpo. È la "volontà di vivere".
Il filosofo condivide con Kant anche l'idea che il principio di ragion sufficiente, " nulla può esistere senza una ragione che spieghi il suo essere", non sia un principio ontologico (la conoscenza dell'essere), bensi epistemologico (il modo in cui il soggetto si rappresenta e conosce la realtà), cioè riguardante il modo in cui l'intelletto umano mette in relazione di causa-effetto le sue rappresentazioni perché la cosa in sé non è conoscibile, nulla può essere affermato con certezza e neppure la sua esistenza deve avere una ragione. 
Gli oggetti di queste ultime sono a loro volta "individuati" mediante una collocazione spazio-temporale (che infatti costituisce il principio di "individuazione"). 
Rispetto a Kant, Schopenhauer riduce a tre le forme a priori o pure della conoscenza: spazio, tempo e causalità. 

DIFFERENZA CON KANT 
Il riferimento a Kant viene modificato dall'affermazione che il mondo fenomenico, costituito dalla rappresentazione, è un'illusione, un "velo di Maya", cioè una realtà ingannevole dietro la quale si nasconde la realtà autentica, noumenica. Questa locuzione tratta dall'antica filosofia indiana. 
Per Schopenhauer il noumeno non è inconoscibile (come riteneva Kant), bensì raggiungibile attraverso una particolare via d'accesso: il corpo. Questo non è soltanto un fenomeno tra gli altri fenomeni: l'autocoscienza ce ne dà una conoscenza privilegiata, perché ci fa comprendere che la nostra volontà si realizza in movimenti corporei, quasi identificandosi con essi. Il corpo è la manifestazione visibile di una forza invisibile che è la volontà, la quale si rivela come la nostra più profonda essenza: il noumeno

IL NOUMENO 
La volontà umana è una manifestazione di una volontà di vivere che anima tutto ciò che esiste e che costituisce il principio metafisico dell'intera realtà. 
La volontà di vivere è: 
  • una forza irrazionale e cieca -->  si sottrae al principio di causa e non ha alcun fine 
  • una forza unica e universale -->  si sottrae allo spazio e al tempo e sta a fondamento di tutti i fenomeni naturali, sia inorganici sia organici
  • il principio metafisico della realtà --> animo ogni essere spingendolo alla autoaffermazione. 
È energia e desiderio che caratterizza gli uomini. La volontà di vivere si oggettiva inizialmente attraverso le idee che sono i modelli eterni delle sue possibili espressioni: mediante le idee, forme universali ed eterne in tutto ciò che esiste, avviene il passaggio alle diverse realtà individuali, le quali non sono altro che manifestazioni finite e momentanee della volontà. 
Questa non sottostà alle leggi fenomeniche, quindi è irrazionale e cieca: non ha alcun ordine da rispettare o scopo da perseguire, se non conservare sé stessa. 

LA VISIONE DEL MONDO 
Il mondo sensibile è un'illusione che nasconde il noumeno, cioè l'antica essenza di tutta la realtà. 
La volontà di vivere ci rende infelici perché il desiderio è infinito e noi siamo finiti, rendendoci insoddisfatti. La tendenza della volontà all'autoaffermazione porta tutti gli esseri a ingaggiare un'eterna lotta gli uni contro gli altri: il mondo è teatro di violenza e di sopraffazione reciproche. Ogni ente ricerca continuamente gli oggetti che possono appagare le sue tensioni o i suoi desideri. Ma, anche quando li raggiunge, la gratificazione è soltanto una momentanea cessazione del dolore della mancanza; a tale cessazione di dolore subentra la noia e, in seguito, un nuovo desiderio, e quindi un nuovo dolore: per questo Schopenhauer afferma che la vita è un "pendolo che oscilla tra dolore e noia".
La sua visione del mondo è irrazionalistica e pessimistica, lontana dalla visione razionalistica e ottimistica di Hegel e non c'è un telos (scopo). Tutte le persone sono condannate a vivere nel dolore e la noia persiste fin quando non si manifesta un altro desiderio superiore a quello precedente. 

METTERE FINE AL DOLORE 
Schopenhauer è convinto che, per liberarsi dal dolore della vita, non si debba optare per il suicidio: questo costituisce la scelta estrema di una persona che vorrebbe la vita ma rifiuta il dolore, nonché un atto che non elimina la volontà in sé, ma si limita a sopprimere un individuo. Non toglie il dolore generale ma solo quello del singolo. 
È la risposta a un attaccamento alla vita perché non può realizzarla come vuole. 

L'ARTE LIBERA DAL DOLORE 
E' possibile liberarsi dalla sofferenza intraprendendo un percorso che passa attraverso 3 vie di liberazione dalla pressione di questa volontà: l'arte, l'etica e l'ascesi
  1. L'arte (o esperienza estetica) si allontana dal mondo dell'apparenza illusoria perché è contemplazione delle idee, e quindi della cosa in sé. Nella sua opera, l'artista contempla un'idea universale e la "ricrea" in un oggetto estetico (ad esempio nella raffigurazione di un tramonto): in questo modo gode di un momentaneo assopimento del dolore. Coglie l'essenza con l'intuizione. La sospensione del dolore è momentanea.
Le diverse arti sono ordinate da Schopenhauer in una gerarchia che al grado più basso vede le tecniche in cui la materialità è maggiormente presente (architettura, pittura, scultura), per arrivare fino a quelle in cui la materialità è minore (poesia e musica). 
La musica secondo Schopenhauer ci mette direttamente in contatto con la radice metafisica del mondo. 

L'UOMO È LIBERO? 
2. L'etica fornisce un risultato più duraturo. Elaborando la propria dottrina morale, Schopenhauer si confronta (distanziandosene) con la concezione kantiana della libertà, chiarendo che l'uomo non è libero, sebbene si illuda di essere tale. 
Soltanto la volontà è libera, in quanto non vincolata al principio di ragion sufficiente, mentre il singolo essere umano è libero solamente nella misura in cui "fa parte" della volontà universale. 
L'atteggiamento etico ha origine dalla compassione, vale a dire dalla capacità di comprendere e sentire le sofferenze altrui come se fossero le nostre: riconosciamo noi stessi e gli altri come accomunati da un unico e universale dolore. 
A partire dal sentimento fondamentale della compassione, l'atteggiamento etico si articola in:
giustizia: consiste sostanzialmente nel porre un treno alla propria volontà, in modo da non negare quella altrui
carità: si esprime come agápe, cioè come amore disinteressato che può spingersi fino al sacrificio della propria vita e si distingue dall'éros, cioè dall'amore carnale, che risponde a un sentimento egoistico di affermazione di sé e di autoconservazione. 

CESSARE DI VOLERE 
La piena liberazione dal dolore richiede un'autentica e totale negazione della volontà: si tratta di trasformare la voluntas in noluntas: ''non-volontà"' e indica la completa negazione della volontà di vivere raggiungibile mediante un cammino di ascesi che porta al completo superamento del proprio volere individuale e al suo assorbimento nella volontà universale. 

3. Ciò è possibile soltanto nell'ascesi, che si realizza con un cammino di digiuno, castità, abnegazione e rinuncia (la mortificazione di sé). 
Facendo riferimento all'elemento ascetico presente nelle grandi tradizioni religiose, dal cristianesimo al buddismo, Schopenhauer afferma che l'asceta supera la propria individualità e la dimensione fenomenica, annullando la volontà in una assoluta assenza di desideri. 
Elimina la volontà universale modificando tutti gli impulsi sensibili.










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