Sören Kierkegaard



Nasce a Copenaghen nel 1813 e muore a Copenaghen, dove muore nel 1855.

Viene educato in modo severo e religioso. Si iscrive a teologia.

Si sposta a Berlino tra il 1841 e il 1842 e ascolto le lezioni di Schelling. Inizialmente esalta il pensiero di Schelling, ma successivamente lo delude.


Una delle sue opere principali si chiama Sul concetto di ironia con particolare riferimento a Socrate. In quest'opera, che è stata la sua tesi di laurea nel 1840, Kierkegaard va contro l'idealismo di Hegel. Kierkegaard afferma la singolarità dell'individuo e va contro la ragione universale che viene esaltata dall'idealismo.


Presenta l'esistenza dell'uomo come un insieme di possibilità: l'uomo ha infinite possibilità che lo pongono davanti a una scelta. Ogni scelta comporta un rischio, che provoca nell'uomo un'indecisione perenne.

L'idealismo hegeliano, invece, abolisce la capacità di pensare del soggetto e, dunque, di scegliere.

Per Kierkegaard esistere significa scegliere, ma la scelta non è una semplice manifestazione della nostra volontà, non è una manifestazione della mia personalità.

Non si sceglie a causa della propria personalità, ma la scelta è la personalità stessa.

La personalità dell'uomo sceglie vivendo o vive scegliendo: l'individuo non è quello che è, ma è quello che sceglie di essere.

Anche rinunciare a una scelta è una scelta. Nella rinuncia alla scelta, l'uomo rinuncia a farsi valere come io, a far valere la sua identità.


Kierkegaard individua tre stadi, chiamati stadi dell'esistenza, ossia tre modi fondamentali di vivere:


1. stadio estetico → rappresenta la forma di vita in cui l'uomo è immediatamente

quello che è. 

Segue il principio del piacere di Freud.

L'uomo rifiuta ogni impegno continuativo, segue la novità e l'avventura.

Non vuole doveri e costrizioni. L'uomo, in questo stadio, si chiama l'uomo esteta, e viene rappresentato prendendo a modello due figure:


- proviene da un'opera lirica di Mozart, il Don Giovanni.

  Don Giovanni era un uomo affascinante e seduceva tutte le donne.

- Yohannes, che proviene da un testo che si chiama Diario di un seduttore.


Entrambe le figure trovano piacere da ogni conquista, ma c'è insoddisfazione per ogni relazione. Ogni relazione finisce, non perché le amanti siano inadeguate, ma perché l'uomo esteta è incapace di trovare in una donna la realizzazione che cerca.

Così facendo, si entra nel senso di disperazione, che porta allo stadio etico.


2. stadio etico → implica stabilità, che non era presente nello stadio precedente.
Stabilità significa riaffermazione di sé e del dovere verso se stessi.
In questo stadio l'uomo sceglie di scegliere. Si assume la responsabilità.
Lo stadio etico si fonda sulla continuità e sulla scelta.
La figura che rappresenta questo stadio non è più la figura del seduttore, ma la figura del marito, colui che ha responsabilità. Il marito vive una vita etica che si fonda sulla continuità della propria scelta.
La scelta è rappresentata dalla fedeltà, che caratterizza il matrimonio.
Anche questo stadio finisce per essere superato, in quanto l'uomo ripensa al proprio passato. Ripensa alle scelte fatte precedentemente delle quali si pente.
Arrivando a questo pentimento, l'uomo passa allo stadio religioso.


3. stadio religioso → l'uomo ripensa alla piccolezza del proprio essere.
Si rende conto di essere un soggetto finito e imperfetto, e capisce che, per elevarsi, deve abbandonarsi totalmente a Dio. Abbandonandosi a Dio, vince la disperazione e accetta la propria condizione di essere finito.
L'uomo accetta la propria nullità e si butta nella fede.

La figura di questo stadio è Abramo, colui che ha ucciso suo figlio Isacco per volere di Dio. Uccidere, però, significa infrangere la legge morale.

Il comando di uccidere il figlio non è suggerito da regole morali, ma è un comando divino e, dunque, il principio religioso sospende l'azione del principio morale.

C'è un'opposizione tra la vita religiosa e la vita etica: i principi della vita etica sono stati superati dalla vita religiosa. L'uomo di fede sceglie di seguire il comando divino, anche a costo di infrangere le leggi morali.

Infrangendo le leggi morali, però, formo un distacco con gli altri uomini.

Perché seguendo i principi religiosi, mi distacco dai principi comuni degli uomini?

Perché la religione non è un principio generale, ma è un rapporto privato tra uomo e Dio. L'esistenza religiosa viene vista come uno scandalo e un paradosso, perché se Dio mi ordina di uccidere, si forma scandalo a causa della legge morale.


I primi due stadi sono descritti in un'opera che si chiama Aut-aut, ma sono due modi non consigliabili di vivere.

Il terzo stadio viene descritto nell'opera Timore e tremore, in cui sostiene che lo stadio religioso rappresenta il miglior modo di vivere.


La fede viene vista di Kierkegaard come una contraddizione: viene vista come uno scandalo e come un paradosso, e l'uomo viene messo davanti a un bivio: credere o non credere. Da una parte è l'uomo che decide di voler credere, ma dall'altra ogni iniziativa dell'uomo deriva da Dio e, dunque, anche la fede.

Per Kierkegaard esistere significa scegliere. Scegliere significa che l'individuo è colui che sceglie di essere. Se io scelgo, significa che sono libero.

Quando scelgo, prendo una decisione tra diverse possibilità, alcune delle quali sono positive, mentre altre sono negative. Tutte le scelte che si prendono, secondo il filosofo, provocano angoscia. L'angoscia è una condizione tipica dell'uomo, è la base del peccato originale. Significa che Abramo resta innocente fino a quando non conosce le proprie infinite

possibilità di scelta.



Commenti

Post più popolari